Bandiera Nera, all’Amministrazione Comunale di Ventotene, perché alla splendida isola serve un riscatto che manca, l’Area Marina Protetta è abbandonata, il territorio è oscuramente dilaniato dall’abusivismo edilizio, lontana la messa in sicurezza del 97% delle coste gravate dal dissesto idrogeologico dopo la tragedia di Cala Rossano. l’Amministrazione anziché puntare a politiche di sviluppo sostenibile e sostenere le esperienze innovative delle associazioni e dei giovani locali, si attarda in inutili e assurdi progetti di tunnel per le automobili. Era il 2006 quando la Goletta Verde di Legambiente promosse quasi a pieni voti l’isola, assegnando le 4 vele a Ventotene (5 è il massimo), dopo un incontro con gli amministratori isolani nel quale i suggerimenti di Legambiente erano quelli di orientarsi verso “un’agricoltura di qualità, prodotti tipici, pescaturismo e un turismo sostenibile, puntando sull’Area Marina Protetta di Ventotene e Santo Stefano”, con la speranza di aggiudicarsi presto le 5 Vele della Guida Blu di Legambiente e Touring
Club Italiano.
I punti imprescindibili sui quali lavorare erano molto chiari: tutela del territorio, regole per l’Area marina protetta, depurazione, raccolta differenziata, gestione del diporto, certificazioni di qualità per la ricettività.
Nel 2009 Ventotene confermava le sue eccellenze per la Guida Blu, nei parametri ‘Sub’, ‘Mare e Spiaggia’ e ‘Uso del suolo/degrado paesaggio’, con le solite ombre sulla gestione dei rifiuti, sulla protezione ambientale e sulla gestione del territorio con il gravissimo dissesto idrogeologico. Legambiente rilanciava sette punti per vincere le sfide della qualità. Percorso partecipato con cittadini, pescatori, diving, per l’approvazione del regolamento dell’area marina protetta, dichiarazione di “Monumento Storico” per l’Isola di Santo Stefano per sventare possibili speculazioni; più attenzione alla depurazione e alla qualità delle acque, rafforzamento del progetto “Ventotene Isola a Emissioni Zero” ed introduzione della raccolta differenziata porta a porta; ritiro del piano di ampliamento del porto e valorizzazione dei prodotti tipici.
Sono passati cinque anni e in sostanza non è successo nulla di quanto promesso, ma è successo moltissimo nella direzione opposta.
L’ISOLA DI VENTOTENE. Un territorio così bello, ma così fragile Area Marina protetta dal 1997, riserva statale, SIC, ZPS, patrimonio europeo, l’Isola dove è nata l’Europa unita, purtroppo in questi ultimi anni fa parlare di sé solo per il dissesto idrogeologico del suo territorio e per il cemento illegale che dilaga sulla costa. Il vero dramma si chiama dissesto idrogeologico. Il 97% del territorio di Ventotene presenta un serio rischio idrogeologico. Un anno fa, la grande tragedia della morte di Sara e Francesca, le due giovanissime studentesse romane in gita scolastica, uccise sotto la frana di un costone di tufo sulla spiaggia di Cala Rossano. 365 giorni dopo, a Cala Rossano, è recintata l’area dove avvenne la tragedia poiché sottoposta a sequestro giudiziario, ma non vi è alcuna recinzione né delimitazione che inibisca il transito e l’accesso dei pressi del costone a nord della spiaggia, dove cadono a strapiombo pareti verticali e si aprono grotte, spesso scavate dall’erosione marina, spesso dall’attività illecita dell’uomo.
Qui, tra l’altro, si sono grandi blocchi già crollati in passato eppure, sempre qui, i bagnanti sembra possono accedere liberamente. Sull’isola intanto, l’ unico intervento realizzato ha riguardato una parte di Cala Nave, settanta metri di spiaggia, ma i crolli continuano e, a fronte di ciò, l’azione delle istituzioni è ancora troppo debole e il risanamento del fragile equilibrio del territorio procede a rilento. Eppure per l’isola erano stati già stanziati 6 milioni di euro tra i 120 stanziati nell’ambito di un protocollo firmato dal Ministero dell’ambiente e la Regione Lazio proprio per arginare il rischio idrogeologico.
Nel frattempo la procura di Latina ha chiuso l’inchiesta sulla tragedia, dei dieci indagati iniziali ne sono rimasti cinque, tra cui il Sindaco Assenso, ma per tutti dovrebbero profilarsi le richieste di rinvio a giudizio.
La piaga dell’abusivismo edilizio non cessa di dilaniare la fragile costa tufacea. 1,54 kmq di superficie e 15 abusi accertati nel solo 2009, praticamente un abuso ogni 10,27 ettari, con zero ordinanze di demolizione emesse secondo i dati della Regione Lazio, nessuna acquisizione al patrimonio pubblico condotta, mai la parola alle ruspe.
L’ultimo scempio edilizio accertato, in ordine di tempo, risale allo scorso 4 giugno quando gli uomini della Guardia di Finanza della brigata di Ventotene e della IV squadra unità navale hanno posto sotto sequestro un locale scavato ex novo nella parete di tufo nell’area del porto romano dell’isola, in pregio alle norme sull’edilizia ed in violazione ai vincoli ambientali e paesaggistici imposti dal decreto ministeriale di istituzione dell’omonima area marina protetta.
A maggio scorso i sigilli sono scattati anche per i lavori di realizzazione di quella che sarebbe dovuta essere la nuova stazione marittima dell’isola pontina, e che avrebbe dovuto ospitare, tra l’altro la nuova caserma della Guardia Costiera.
Sembrerebbe, infatti, che non vi siano tutti i necessari permessi edilizi. I lavori, quindi, sono stati bloccati da parte degli uomini della Capitaneria, a seguito dell’esame della documentazione in possesso del Comune.
Sempre nel maggio scorso, i Carabinieri, insieme al personale della Capitaneria di porto e della Guardia Costiera di Gaeta, hanno posto sotto sequestro un manufatto abusivo di circa 300 mq, realizzato tra Cala Nave e Cala Battaglia. Un abuso con vista eccellente, quella dell’isola di Santo Stefano, zona di riserva integrale dell’area marina protetta. Un abuso realizzato proprio in una delle zone più delicate e fragili dell’isola, quella di cala nave appunto, dove lo scorso aprile è stata annunciata l’apertura di un cantiere per la messa in sicurezza del territorio e l’assetto idrogeologico.
Il folle progetto del tunnel.
Altro che sviluppo sostenibile e “isola a emissioni zero”, a Ventotene l’Amministrazione è assolutamente determinata ad andare avanti con un inutile quanto assurdo progetto di una strada di collegamento tra il porto nuovo e la zona del campo sportivo, con un mega tunnel di trecento metri per le automobili. Il Consiglio comunale del più piccolo Comune dell’Italia centrale, facilmente attraversabile a piedi, ha approvato il progetto per la “meraviglia” larga sei metri e mezzo da scavarsi nel cuore dell’isola. Non divieto di introdurre automobili, ma sperpero di soldi per opere faraoniche.
Il pericolo vendita per l’Isola di Santo Stefano.
L’Isola di Santo Stefano è da tempo in pericolo, tra proposte di vendita e progetti alberghieri di svendita. Per diversi anni l’Isola di Santo Stefano compariva come “in vendita per 20 milioni di Euro”, con una trattativa sempre in mano ad una società tedesca. Tentativo sventato forse anche grazie all’appello lanciato da Legambiente al Presidente della Repubblica Napolitano nel Luglio 2006, accolto dalla Presidenza della Repubblica, che sottopose la questione della dichiarazione dell’isola quale Monumento Storico Nazionale all’attenzione del Ministero per i beni e le attività culturali.
La speranza
Viene dai giovani e da alcune associazioni locali impegnate nel riscatto e nella rinascita dell’Isola, dalla voglia di cambiare l’isola. E proprio puntando su visite guidate, escursioni subacquee nei fondali dell’area marina protetta, coltivazione biologica di lenticchie e filari di vitigni autoctoni, agriturismo, pesca.